In attuazione della sentenza delle Corte Costituzionale n. 278/2013 sono state presentate alla Camera dei Deputati diverse proposte di legge, che elenchiamo qui di seguito indicandone il numero e il nome del Deputato primo firmatario: n. 784 Bossa, n. 1343 Campana, n.1874 Marzano, n. 1901 Sarro, n. 1983 Cesaro, n. 1989 Rossomando.

L’Anfaa condivide a pieno la procedura prevista nella proposta presentata dall’On. Anna Rossomando (n. 1989) poiché solo in essa – fatto importantissimo – viene confermato l’impegno assunto tramite legge dallo Stato di non segnalare ad alcuno i nominativi delle donne che, proprio sulla base di questa garanzia, non sono ricorse all’aborto o al parto clandestino e non hanno riconosciuto i loro nati non essendo in grado di provvedere alle loro esigenze.
La Corte Costituzionale non ha censurato infatti quanto disposto all’articolo 30, comma 1° del D.P.R. 3 novembre 2000, n. 396, sulla tutela del parto anonimo che dispone quanto segue:”La dichiarazione di nascita è resa da uno dei genitori, da un procuratore speciale, ovvero dal medico o dalla ostetrica o da altra persona che ha assistito al parto, rispettando l’eventuale volontà della madre di non essere nominata”, ma, anzi, facendo espressamente riferimento a tale norma, ha voluto precisare che “sarà compito del legislatore introdurre apposite disposizioni volte a consentire la verifica della perdurante attualità della scelta della madre naturale di non voler essere nominata e, nello stesso tempo, a cautelare in termini rigorosi il suo diritto all’anonimato, secondo scelte procedimentali che circoscrivano adeguatamente le modalità di accesso, anche da parte degli uffici competenti, ai dati di tipo identificativo, agli effetti della verifica di cui si è innanzi detto”.
SOLO ad esse deve essere consentito in qualsiasi momento di esprimere la propria disponibilità a incontrare il proprio nato, garantendo la necessaria riservatezza.
Una procedura analoga è prevista dal testo presentato dall’On. Campana (n.1343).
Non è assolutamente ammissibile il percorso inverso, purtroppo previsto dalle proposte di legge: n. 784 Bossa, n.1874 Marzano, n. 1901 Sarro e n. 1983 Cesaro che prevedono che siano i nati da queste donne ad avviare il procedimento presso il Tribunale per i minorenni. Se le richieste di accesso all’identità delle donne che li hanno generati partissero dai figli adottivi, si arriverebbe alla violazione del diritto alla segretezza ancora riaffermato dalla Corte Costituzionale. Infatti, le istanze sarebbero inevitabilmente prese in esame da un numero assai elevato di persone:  i giudici ed i cancellieri ai quali si rivolge l’interessato, i responsabili dei reparti maternità e gli addetti alla conservazione del plico in cui sono indicate le generalità della donna e del neonato, il personale dell’anagrafe tributaria nazionale incaricato di rintracciare l’ultima residenza della donna, gli altri giudici e cancellieri  incaricati di contattarle (è assai probabile che le donne non abitino più nelle città in cui hanno partorito). Inoltre le lettere di convocazione, indirizzate (su carta intesta del Tribunale o della Procura per i minorenni o da altro ente) alle donne per verificare la loro disponibilità ad incontrare i propri nati, possono molto facilmente essere aperte dai familiari delle partorienti che, avvalendosi del diritto alla segretezza del parto, hanno messo al mondo il loro nato, nella certezza che mai questo diritto sarebbe stato violato dalle Istituzioni che l’avevano garantito con legge. Ricercare a distanza di decenni queste donne metterebbe in pericolo la vita che esse si sono costruite nel corso degli anni, con gravi conseguenze per loro e per i loro familiari, spesso ignari di quanto avvenuto.

Per agevolare un confronto tra le diverse proposte di legge, vi proponiamo una tabella in cui sono riportati i testi integrali delle modifiche normative proposte:
Tabella confronto pdl origini